Statement
Iniziai a lavorare come illustratore e designer nel 1987, al termine degli studi, per dedicarmi integralmente alla pittura solo diversi anni dopo. La spinta giunse quando realizzai che esisteva una dimensione, densa e tangibile, attraverso la quale filtrano tutti i nostri pensieri, le nostre emozioni e sensazioni; è il filtro che ci consente di percepire la realtà: la dimensione del dramma.
Cominciai ad indagare gli aspetti più profondi e nascosti dell'Uomo e il suo comportamento nella vita quotidiana in relazione a questa dimensione drammatica che ne domina l'esistenza.
Al principio utilizzavo pannelli di legno come supporto, recuperati per strada o in discarica. Disegnavo continuamente su ogni tipo di carta i frammenti delle storie che ricavavo dalla mia esperienza diretta o attraverso l'osservazione esterna di quella di altri.
Incollavo i disegni sul legno cercando di ricomporre un ordine e ricostruendo così un'altra storia, universale, in cui ognuno potesse ritrovarsi e infine aggiungevo il colore. La tecnica del collage risultava adeguata alla ricostruzione narrativa dei frammenti di carta.
Quando compresi che il dramma mi appariva con colori vivaci e brillanti, poiché spesso si manifesta in modo violento e accecante, mi trovai di fronte ad una nuova difficoltà. Dovevo riuscire a trasmettere la densità di questa dimensione, pur utilizzando colori ai quali siamo abituati ad attribuire significati più ameni.
Iniziai a sporcare il tratto rendendolo sempre più essenziale, quasi primitivo e infantile; in seguito aggiunsi le colature di colore che non rispondevano semplicemente alla forza di gravità, ma consentivano ai colori stessi di contaminarsi a vicenda, sovrapponendosi continuamente gli uni agli altri.
Mi concentrai fin dal principio sui dettagli inserendo piccoli frammenti di immagini, numeri, parole per costruire delle microstorie che, attraverso il segno e il colore, riuscissero a definire meglio il tema portante del lavoro, la macrostoria che intendevo rappresentare.
La parola, in particolare, ha sempre avuto un ruolo importante nei miei lavori, sia come parte integrante della storia narrata, da intendersi come elemento significativo, sia come significante, ridotta a segno e colore. La scelta di utilizzare la lingua inglese, spesso più sintetica ed efficace rispetto all'Italiano, risponde alla necessità di internazionalizzare il messaggio sottolineandone l'universalità del concetto e rendendolo immediatamente fruibile da un numero maggiore di persone.
Il bisogno crescente di confrontare la mia ricerca con quella condotta da altri artisti, soprattutto in relazione alla pittura, mi indusse a sospendere per alcuni anni il mio lavoro. Tentai di teorizzarne sia gli aspetti concettuali, sia quelli tecnici con l'obiettivo di ridefinire un percorso, anche a livello espositivo, che potesse consentirmi di ottenere un maggiore riconoscimento.
L'arte è prima di tutto un fatto visivo, poiché il pensiero si esprime attraverso la materia ed essa ha una sua forma, una densità, un colore e perfino un sapore. Ultimamente, ho scelto di portare la sfida della materia sulla tela, aumentandone il peso con la colla e il volume attraverso l'accentuazione delle increspature e le pieghe della carta. In questo modo si riduce la distanza fra il piano bidimensionale del dipinto e l'osservatore.
La vita dell'uomo è tessuta da storie, piccole o grandi che si intrecciano. Non vi sono cose più interessanti di altre, ma modi più o meno interessanti di vederle e raccontarle. Io parto da piccoli dettagli, particolari apparentemente insignificanti per raccontare e ricostruire una storia che appartenga a tutti, nella quale ognuno possa riconoscersi, nel tentativo di rivelare quelle verità che spesso la società in cui viviamo tenta di celare.
Alberto Raiteri